L’interno
della manifestazione del 31° Salone Internazionale del Libro di
Torino #salTO18, nella zona Spazio Autori si è tenuto l’incontro
con Silvia Truzzi, autrice di Fai piano quando torni
edito da Longanesi.
L’esordio nella narrativa si Silvia Truzzi, firma de Il Fatto Quotidiano, ruota attorno all’incontro-scontro tra due donne diversissime e alla nascita della loro improbabile amicizia. |
La
presentazione è stata guidata da Andrea Bajani.
Andrea
ha subito introdotto il romanzo, raccontando a grandi linee cosa
possiamo trovare tra le pagine di questa storia. Questo è un libro
che parla di amicizia e fedeltà. Siamo in un ospedale: una ragazza,
Margherita, e una donna anziana, Anna, si trovano a condividere uno
spazio e una fragilità. L’ospedale del resto è il luogo dove si
capisce che da soli non ci se la fa, è il luogo della cura. È il
luogo della solidarietà perché si condivide anche una intimità
forzata. Questo è un libro sull’amore, in tutte le sue forme.
Andrea:
Silvia la conosciamo principalmente come giornalista de Il Fatto
Quotidiano. Ora, il fatto di essere una giornalista ti ha
condizionato nello scrivere il romanzo? E poi tornando ad essere
giornalista con quale eredità ti sei rimessa a scrivere gli articoli
di attualità?
Silvia:
Avevo pudore a scrivere, non mi ero mai cimentata nella
narrativa. Questo genere provoca imbarazzo, perché salta fuori tutto
di te. In un certo senso la scrittura è terapeutica. In
questo libro c’è un aspetto profondo della mia vita, la perdita di
mio padre. In questo libro ho pensato a mio padre con
gioia e non con nostalgia. Scrivere per mestiere aiuta a scrivere
anche un romanzo, perché scrivere è esercizio.
C’è però un cambio di registro, questa è la parte difficile. Ho
avuto degli imbarazzi dopo il disvelamento del mio profondo, ma non
me ne sono mai pentita.
Andrea:
Anna insegna il futuro a Margherita, forse perché ha una
“rincorsa”, presa nel passato, più lunga…
Silvia:
Margherita non riesce a far passare il suo passato, mentre la
signora Anna ha un rapporto con il passato più gioioso,
perché non ha paura del futuro, ha il sentimento del
futuro.
Andrea:
Ci sono molti autori che tendono a mettersi molto in mostra, ci
sono altri romanzi in cui l’Io dell’autore non è manifesto, ma
esce fuori in alcuni sprazzi, emerge nelle emozioni. Ci sono autori
che raccontano la storia di qualcun altro come accade per Emmanuel
Carrère (Vite che non sono la mia, Einaudi, 2011). Net tuo
caso, la storia ti è venuta da qualcuno o è nata dalla tua
immaginazione?
Silvia:
Ho conosciuto veramente la signora Anna. Mi ha raccontato la
sua vita e mi ha fatto leggere le sue “lettere clandestine”. Ho
preso l’ossatura della sua storia, ma ho cambiato tante cose… Le
lettere nella loro tenerezza mi avevano stregato, sul loro sfondo c’è
anche la Storia dell’Italia.
Andrea:
Tra Anna e Nicola c’è stata una grande fedeltà, una fedeltà
nella vita. Pur divisi si sono tenuti presenti, vivi nei pensieri.
Nonostante si parli di un “supposto adulterio”, questo libro
parla di una forte fedeltà.
Silvia:
Per entrambi, Anna e Nicola, era rimasto l’imprinting del
primo amore. Nonostante entrambi fossero andati avanti. In Anna però
non ci sono rimpianti, c’è nostalgia, ma non recriminazioni. Si
può sintetizzare in una frase: “Tu sei per me il mio pensiero
felice”.
Andrea:
Il vero personaggio nostalgico è Margherita, fondamentalmente
perché c’è paura per il futuro.
Andrea
fa presente che le lettere sono davvero molto importanti, ma che sono
una corrispondenza tra due persone degli anni sessanta, che vivono
molti cambiamenti, come la legge sul divorzio, e soprattutto che sono
scritte da persone con una scolarizzazione elementare.
Silvia:
Le lettere erano fondamentali. Erano il collante della loro
storia. Per questo ho voluto inserirle all’inizio del capitolo. Ho
dovuto lavorare molto per via degli errori (per esempio il
congiuntivo), o per la presenza dei “regionalismi”, perché
Nicola era napoletano. Il dialetto napoletano è un’altra lingua.
Andrea:
Il libro è “arioso”. Ci sono momenti di allegria e momenti
di commozione.
Con
questa frase termina la presentazione e Silvia si è dedicata al
firma-copie. Quindi ci siamo avvicinate per far firmare la nostra
copia, acquistata immediatamente, perché questo evento è stato
davvero coinvolgente e se all’inizio ero solo incuriosita dal
romanzo al termine dell’incontro ero certa che lo volevo
assolutamente leggere. Come ho detto all’autrice, sarà una
delle mie prossime letture…
Una
curiosità: al momento del firma-copie una ragazza si è avvicinata
con il romanzo senza la sopra-copertina. Silvia ha domandato perché
fosse senza e la ragazza ha risposto che le dispiaceva rovinarla e
quindi l’aveva lasciata a casa. Silvia ha sorriso e ha detto che
lei è molto affezionata all’immagine di copertina, che è una foto
del suo album di famiglia, è la foto della sua mamma. Mentre lo
diceva le brillavano gli occhi per l’emozione.
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