lunedì 26 aprile 2021

Blog Tour Wŏ ài nĭ– L’ultimo destino possibile by C. K. Harp - Intervista all'autrice

 


Buongiorno a me l'ultima tappa di questo blog tour che ci ha accompagnate i questi giorni. Finora le mie amiche blogger vi hanno parlato del romanzo, ma oggi conosciamo meglio l'autrice!

Grazie C. K. per la copia digitale del libro di cui trovate i dati qui sotto.


Autrice: C. K. Harp

Titolo:  Wŏ ài nĭ– L’ultimo destino possibile

Editore: Self Publishing

Data di pubblicazione: 12 aprile 2021

Pagine: 624

Trama

È l’anno yǐchǒu del grande Yangdi quando, sotto gli occhi stupiti della sua promessa sposa, Yixuan cade dalla Collina dei Quattro Saggi e precipita tra le braccia del ragazzo più bello che abbia mai visto. Dell’unico ragazzo che abbia mai visto, in realtà. Suo padre, infatti, gli ha vietato di mettere piede oltre il terzo cielo, pena una punizione memorabile capace di spogliarlo anche dei suoi poteri divini. Tuttavia, osservando il regno degli uomini e il suo nuovo amico, Yixuan si chiede perché. Perché solo a lui, tra tutti gli immortali, è precluso vivere come chiunque? Quali nefandezze ha commesso nella sua vita precedente per meritare quell’esistenza? D’altronde, deve esserci un motivo se il sovrano di giada lo odia al punto da preferirlo morto piuttosto che libero.

In un mondo in continuo mutamento, a pochi anni dalla riunificazione del paese sotto la dinastia Sui, i destini di un immortale e di un semplice ragazzo tornano a unirsi dopo secoli di oblio, in una storia andata perduta nello sconfinato universo ma destinata, forse, a scardinare l’armonia stessa che lo governa.


«Perché è questo che facciamo, Yixuan, non lo hai capito?» lo interruppe Yue Lao, inclinando la testa di lato. «I mortali sono un semplice passatempo, per noi. Lo sono sempre stati, nonostante le grandi aspettative di Fuxia e Nuwa. Ciò che ignoravamo davvero era che il cosmo li avesse previsti e avesse forgiato su di loro l’idea stessa di armonia. Non esiste Yin e non esiste Yang senza di loro.


L'intervista

Io ti seguo da tantissimo tempo, ma quando e come hai cominciato a scrivere? Sei sempre stata sicura di voler diventare una scrittrice? I tuoi familiari, amici ti hanno incoraggiata in questo?

R. Il primo racconto di cui ho memoria è una storia scifi-horror ispirata a un incubo. Avevo sette anni e i miei nonni avevano da pochissimo regalato un computer a mia sorella per la sua comunione. Sembra assurdo, ma ricordo perfettamente la posizione del pc, la finestra davanti cui era stato messo e le pagine scritte una volta stampate. Quel racconto poi è diventato un libro per ragazzi che uscirà a novembre di quest’anno per Sinnos, pensa!

Ecco, quello è stato il momento in cui ho avuto piena coscienza del fatto che avrei potuto scrivere quello che avevo in testa, ma il mio sogno era proprio un altro: volevo fare la detective. Avevo addirittura il volantino di Tony Ponzi nel cassetto... una delle prime fangirl in erba!

Devo dire che in famiglia sono sempre stata assecondata su questa cosa, anzi: mio padre si fece trenta chilometri in macchina, di nascosto, appena seppe che il mio primo libro era uscito in libreria (parliamo del lontanissimo 2008 e io lavoravo in aeroporto). C’è chi ha provato a fermarmi, tra parenti e persone fin troppo vicine, ma ci sono riusciti per poco. Molto poco.





Hai delle abitudini particolari quando scrivi, ci sono dei luoghi in cui ti senti più ispirata? Le tue storie (i tuoi libri) nascono meglio quando scrivi in tranquillità o sotto stress?

R. L’unica abitudine-mania che ho è quella di decidere il titolo prima di iniziare qualsiasi storia. Il rito è: titolo, nome, citazione entro le prime dieci pagine (anche se poi mi è accaduto di cambiarla, come per l’ultimo romanzo) e prologo (anche se poi lo modificherò/sostituirò in corso d’opera). È una sorta di portafortuna, una sequenza di azioni di buon auspicio. Per il resto, mi basta avere il pc e la mia tastiera (la stessa da anni. L’ho anche ripristinata quando ho cambiato pc, perché non riuscivo proprio a trovarmi bene con quella nuova).

La scrittura deve essere un piacere, qualcosa che arricchisce me per prima, quindi mi ci devo approcciare con tranquillità, serenità e amore. È capitato in passato di viverla come un’imposizione e me ne sono chiamata fuori, cambiando del tutto registro e… reinventandomi C.K.Harp! Le scadenze possono esserci, ma ho tabelle di marcia ben delineate, ideate per fare fronte anche a imprevisti e ritardi, quindi non c’è alcuno stress. Mai. Anzi: prima di ogni capitolo mi ritiro con la mia musica d’ispirazione e visualizzo ogni azione prima di mettermi al pc.



Molti scrittori affermano che i personaggi, a volte, sfuggono loro di mano prendendo strade non tracciate dall'autore stesso. È capitato anche a te con i vari soggetti che hai creato?

R. Prima di essere una scrittrice sono una editor, quindi determinate cose per me sono abbastanza impensabili. Questo tipo di discorso, della trama che cambia, dei personaggi che fanno come vogliono, è piuttosto ricorrente tra gli autori, ma non è una cosa che mi appartiene. Partiamo dal presupposto che se non ho il personaggio ben chiaro in testa e almeno il novanta percento della trama delineata, io non scrivo; c’è da dire che non sono abituata alle scalette scritte e ho un mio metodo particolare per approcciarmi al romanzo, ma alcune cose sono imprescindibili. Sì, può capitare mi vengano delle idee in corso d’opera e che provi a inserirle, ma sono più le volte che torno sui miei passi perché non si incastrano bene con la psicologia dei personaggi. Lasciare alla mente la padronanza del flusso di idee durante la stesura è il primo buon passo per perdere la trama e la struttura. Poi per carità, ogni scrittore ha il proprio metodo, ma insomma… diciamo che no, questa cosa dei personaggi che fanno come vogliono per me non esiste.



Il tuo romanzo ha un'ambientazione fantasy originale, ben costruita, nessun particolare è stato trascurato. Come ti è venuto in mente di scrivere un libro così diverso dai tuoi soliti? E quanto è stato importante il lavoro di documentazione per una cultura così lontana dalla nostra?

R. (Grazie). Wo Ai Ni nasce da una passione che mi ha letteralmente cambiato la vita da tre anni a questa parte, ovvero lo studio della cultura orientale, in particolar modo il mondo cinese. Ho visto molti, tanti drama cinesi, coreani e giapponesi, immergendomi h24 in quell’universo (non ho più visto film o serie tv occidentali, e non scherzo), così come ho preso ad ascoltare prevalentemente musica orientale. Mi sono iscritta alla facoltà di lingue e civiltà orientale (anche se a causa della pandemia ho dovuto rinunciare) e ho iniziato a studiare la storia di quelle terre con particolare attenzione a quella cinese. Ecco come è nata l’idea: amando la cultura orientale, intesa nel suo insieme, e studiandone ogni aspetto. Oltretutto, parliamo di oltre 5000 anni di storia, filosofia, concetti cosmologici, mitologici e religiosi, oltre che una lingua del tutto diversa dalla nostra, quindi è una ricerca infinita che non credo si esaurirà mai. Una cosa è certa: senza studiare quel mondo a 360 gradi è impossibile anche solo pensare di dare vita a una trama ambientata nell’antica Cina, così come nell’antica penisola che oggi chiamiamo Corea o nell’antico Giappone. E ciò che bisogna tenere presente è che oltre alla filosofia e alla religione (dal confucianesimo al buddhismo, dal qigong al daoismo) è necessario conoscere la storia di tutto quel continente, perché ogni regione è collegata all’altra in una contaminazione continua.



Qui parliamo del tasto dolente per molti autori. Qual è il tuo rapporto con le critiche negative?

R. Le critiche negative fanno parte del gioco e per me più che tasto dolente sono una cartina tornasole del modo in cui ho lavorato. La mia responsabilità è quella di fornire al lettore l’esperienza migliore di cui posso essere capace, quindi mio è il dovere di presentare un lavoro pulito, privo di errori, amato e sudato, con una trama che abbia un proprio senso e che io per prima ho adorato. Se ci sono errori e vengono fatti notare il primo sentimento che provo è quello della vergogna, poi arriva la frustrazione. Ho un leggerissimo complesso di perfezione che mi porta all’ossessione, lo riconosco, ed è a causa di questo che sto male io per prima: perché ho la certezza che avrei potuto fare più attenzione, avrei potuto fare di più. Detto questo, le storie possono piacere o non piacere, è una questione anche di gusti personali e su quello non ci si può fare proprio niente.




Progetti per il futuro? Io aspetto ancora il terzo Cioccolatino e il secondo di Fallen Boy...

R. Sono una bruttissima e pessima persona, e lo riconosco. Specialmente per quanto riguarda Dre. Il progetto c’è e il romanzo è scritto per metà, ma come dicevo prima, la scrittura è e deve essere un piacere, non solo per me, ma anche per il rispetto che nutro nei confronti di chi aspetta le mie storie. Ciò significa che scrivere per forza o a comando è possibile, ma non auspicabile: il lavoro sarebbe mediocre. Dre è un personaggio particolare e, per quanto ovviamente sappia bene come debba finire la sua storia, richiede un certo tipo di status mentale che al momento mi manca. Non nego però che ho pensato più volte, dall’inizio dell’anno, a rimettermi sulla sua vita. Idem per The Fallen Boy, che è ancora più particolare e forse per questo poco compreso.

Detto ciò, ho buttato giù la trama completa del prossimo romanzo, sempre uno xianxia ma ambientato nel 266 d.C. tra Cina e steppe, con una leggera influenza persiana. Sì, probabilmente sarà un bagno di sangue e lo studio ancora più importante, ma il cervello si è già messo in moto e io ho ben poche opzioni in merito: quando la trama si delinea, non riesco a pensare ad altro.


Le altre tappe sono già online e le trovate qui.






8 commenti:

  1. Che bella intervista! Grazie!
    Questa autrice diventa sempre più interessante! Voglio recuperare TUTTO!

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  2. Ma che bella questa intervista. Mi è piaciuta tantissimo. E finalmente un'autrice che non ci rifila la storiella che i personaggi prendono la strada che vogliono!!!!

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  3. Mi è molto piaciuto leggere il punto di vista dell'autrice, una prospettiva interessante!

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  4. che bella questa intervista, è stata veramente interessante!

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    1. Si scoprono sempre cose interessanti quando si conosce la persona dietro il libro

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