mercoledì 22 agosto 2018

Chi ben comincia #24 La chimera di Praga di Laini Taylor



REGOLE:
- Prendete un libro qualsiasi contenuto nella vostra libreria
- Copiate le prime righe del libro (possono essere 10, 15, 20 righe)
- Scrivete titolo e autore per chi fosse interessato
- Aspettate i commenti

Buon giorno mentre sono in vacanza sul mio adorato Lago di Garda, voglio incuriosirvi con le prime pagine di un romanzo uscito ormai da qualche anno ma che sarà protagonista del prossimo GDL a cui parteciperò. C'è bisogno che vi dica chi mi ha consigliato questa nuova avventura?
La rubrica nasce da un'idea del blog Il profumo dei libri.



La chimera di Praga
di Laini Taylor




Tanto tempo fa

un angelo e un diavolo si innamorarono.
Non finì bene.

1

Impossibile spaventarla
Mentre camminava sui ciottoli ovattati dalla neve per andare a scuola, Karou non aveva alcuna sinistra premonizione su quella giornata. Sembrava solo un altro lunedì, innocuo a parte la sua sostanziale luneditudine, per non parlare della sua gennaietà. Era buio e faceva freddo; in pieno inverno il sole non sorgeva fino alle otto. Eppure era incantevole. La neve che cadeva e l’ora mattutina cospiravano a dipingere una Praga spettrale, come un’antica lastra fotografica, tutta argento e foschia.
Sulla grande strada lungo il fiume, i tram e gli autobus passavano rombando, ancorando la giornata al ventunesimo secolo, ma nelle stradine più silenziose la pace invernale sarebbe potuta provenire da un’altra epoca. Neve, pietra e luce spettrale, i passi di Karou e il pennacchio di vapore dalla sua tazza di caffè. E lei era sola, persa tra pensieri normali: scuola, commissioni. Di quando in quando un piccolo morso d’amarezza alla guancia se una fitta di struggimento s’intrometteva importuna, come sono solite fare quelle fitte, ma lei le accantonava, risoluta, pronta a farla finita con tutto questo.
In una mano teneva la tazza di caffè e con l’altra il cappotto ben chiuso. Da una spalla pendeva una cartella da disegnatore e i suoi capelli – sciolti, lunghi e blu pavone – trattenevano un merletto di fiocchi di neve.
Un giorno come un altro.
Finché.
Un ringhio, dei passi precipitosi e Karou venne afferrata da dietro, trascinata con violenza contro un robusto torace maschile mentre delle mani scostavano bruscamente la sua sciarpa e lei sentiva dei denti – denti – premerle sul collo.
Che mordicchiavano.
Il suo aggressore la stava mordicchiando.
Seccata, Karou tentò di scrollarselo di dosso senza versare il caffè ma, nonostante lo sforzo, ne rovesciò un po’ fuori dalla tazza, nella neve sporca.
«Accidenti a te, Kaz, piantala», scattò lei, girandosi per affrontare il suo ex fidanzato. La luce dei lampioni illuminava dolcemente il bel viso del ragazzo. Che bellezza stupida, pensò spintonandolo. Che faccia stupida.
«Come facevi a sapere che ero io?», chiese lui.
«Sei sempre tu. E non funziona mai».
Kazimir si guadagnava da vivere saltando fuori da dietro le cose e lo frustrava non riuscire mai a strapparle nemmeno il più lieve sussulto.
«È impossibile spaventarti», si lamentò, offrendole quel broncio che credeva irresistibile. E, fino a poco tempo prima, lei non avrebbe resistito. Si sarebbe messa in punta di piedi e avrebbe leccato il suo labbro inferiore corrucciato, lo avrebbe leccato languidamente e poi lo avrebbe preso tra i denti e stuzzicato prima di perdersi in un bacio che l’avrebbe fatta sciogliere tra le sue braccia come miele al sole.
Ormai quei giorni erano decisamente finiti.
«Forse sei proprio tu a non essere spaventoso», e tirò dritto, riprendendo il suo passo.
Kaz la raggiunse camminandole al fianco, con le mani nelle tasche. «Però, io sono spaventoso. Il ringhio? Il morso? Qualsiasi persona normale avrebbe avuto un infarto. Tranne te, che hai il ghiaccio al posto del sangue».
Visto che lei lo ignorava, aggiunse: «Io e Josef stiamo per cominciare un nuovo giro turistico. Giro turistico vampiresco della Città Vecchia. I turisti ne andranno pazzi».
Vero, pensò Karou. I turisti pagavano molto bene per le visite guidate con fantasmi annessi che organizzava Kaz: li riunivano come pecore e li conducevano per l’intrico dei vicoli della vecchia Praga, al buio, fermandosi nei luoghi in cui si diceva che fossero stati commessi degli omicidi, in modo che i “fantasmi” potessero balzare fuori dai portoni e farli strillare istericamente. Lei stessa aveva impersonato un fantasma in diverse occasioni, brandendo davanti a sé una testa insanguinata ed emettendo lamenti mentre le grida dei turisti, via via, si trasformavano in risate. Era stato divertente.
Kaz era stato divertente. Ora non più. «Buona fortuna, allora», disse con tono incolore, guardando dritto davanti a sé.
«Potresti esserci utile», disse Kaz.
«No».
«Potresti impersonare una vampira provocante e molto sexy…».
«No».
«Un’esca per gli uomini…».
«No».
«Potresti indossare il tuo mantello…».
Karou s’irrigidì.
Con dolcezza, Kaz la blandì: «Lo hai ancora, piccola, non è vero? La cosa più bella che abbia mai visto, tu con quella seta nera sulla tua pelle bianca…».
«Falla finita», sibilò lei, fermandosi al centro di piazza Mal-te-se. Mio Dio, pensò. Quanto era stata stupida a prendersi una cotta per quell’insignificante attorucolo di strada, a farsi bella per lui e a offrirgli ricordi come quello? Assolutamente stupida.
Desolatamente stupida.
Kaz sollevò una mano per spazzarle via un fiocco di neve dalle ciglia. Karou disse: «Toccami e ti ritroverai questo caffè in faccia».
Lui abbassò la mano. «Roo, Roo, la mia selvaggia Karou. Quando smetterai di opporti? Ti ho detto che mi dispiace».
«Continua a dispiacerti, allora. Ma fallo da un’altra parte».
Parlavano in ceco e l’accento di Karou, pur acquisito, era indistinguibile da quello del ragazzo, che lì ci era cresciuto.
Kaz sospirò, irritato dal fatto che Karou continuasse a resistere alle sue scuse. Il suo copione non lo prevedeva. «Andiamo», insistette con fare insinuante. La sua voce era allo stesso tempo rude e dolce, una mistura di sabbia e seta, come quella di un cantante blues. «Siamo destinati a stare insieme, tu e io».
Destinati. Karou sperava sinceramente che, qualora fosse “destinata” a qualcuno, questo non fosse Kaz. Lo guardò, il bellissimo Kazimir il cui sorriso aveva sempre agito su di lei come un richiamo, obbligandola a correre al suo fianco. E quello le era sembrato uno splendido posto in cui stare, come se lì i colori fossero più intensi, le sensazioni più profonde. Ma era anche, come aveva scoperto, un posto popolare, visto che in sua assenza lo occupavano altre ragazze.
«Chiedi a Svetla di essere la tua vampira sexy», disse. «La parte della femmina provocante le viene naturale».
Kazimir si mostrò ferito. «Io non voglio Svetla. Voglio te».
«Ahimè. Io non sono un’alternativa».
«Non dire così», le rispose cercando la sua mano.
Lei si ritrasse, attraversata da una fitta di struggimento a dispetto della sua indifferenza forzata. Non la merita, si disse, nemmeno lontanamente. «Questo è stalking bello e buono, renditene conto».
«Dai! Non ti sto perseguitando. Sto casualmente facendo questa strada».
«Va bene», la chiuse lì Karou. Ormai si trovavano a pochi portoni di distanza dalla sua scuola. Il Liceo Artistico di Boemia era un istituto privato che aveva sede in un palazzo barocco di colore rosa in cui durante l’occupazione nazista, com’era noto, due giovani nazionalisti cechi avevano tagliato la gola di un comandante della Gestapo e avevano scritto la parola «libertà» con il suo sangue. Era stato un breve e coraggioso atto di rivolta prima che fossero catturati e impalati sui pinnacoli del cancello del cortile. Ora gli studenti si accalcavano di fronte a quello stesso cancello, fumando e aspettando gli amici. Ma Kaz non era uno studente, con i suoi vent’anni era parecchio più grande di Karou, e lei non lo aveva mai visto fuori dal letto prima di mezzogiorno. «Perché sei già sveglio?».
«Ho un nuovo lavoro», rispose. «Comincia presto».
«Cos’è, stai facendo visite guidate vampiresche di mattina?».
«Non quello. Un’altra cosa. Una specie di… svelamento». Sogghignava gongolando. Voleva che gli chiedesse quale fosse il suo nuovo lavoro.
Ma lei non ci sarebbe cascata. Con perfetto disinteresse disse: «Bene, divertiti», e se ne andò.
Kaz la chiamò: «Non vuoi sapere di che si tratta?». Il ghigno era ancora lì. Riusciva a sentirlo nella sua voce.
«Non m’interessa», rispose, e superò il cancello.

Voi avete letto questa serie? Vi è piaciuta?



6 commenti:

  1. uuuuuuuu chissà chissà se io lo leggerò questo libro! :D

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  2. Libro letto... poi però mi son fermata, non perchè non mi sia piaciuto ma ho dato precedenza ad altro e poi questa serie è finita nel dimenticatoio -_-

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    1. Io ne avevo sentito parlare e sono davvero curiosa di iniziare

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