Buongiorno
a me l'ultima tappa di questo blog tour che ci ha accompagnate i
questi giorni. Finora le mie amiche blogger vi hanno parlato del
romanzo, ma oggi conosciamo meglio l'autrice!
Grazie
C. K. per la copia digitale del libro di cui trovate i dati qui
sotto.
Autrice: C.
K. Harp
Titolo:
Wŏ
ài nĭ– L’ultimo destino possibile
Editore: Self
Publishing
Data
di pubblicazione: 12
aprile 2021
Pagine: 624
Trama
È
l’anno yǐchǒu del grande Yangdi quando, sotto gli occhi stupiti
della sua promessa sposa, Yixuan cade dalla Collina dei Quattro Saggi
e precipita tra le braccia del ragazzo più bello che abbia mai
visto. Dell’unico ragazzo che abbia mai visto, in realtà. Suo
padre, infatti, gli ha vietato di mettere piede oltre il terzo cielo,
pena una punizione memorabile capace di spogliarlo anche dei suoi
poteri divini. Tuttavia, osservando il regno degli uomini e il suo
nuovo amico, Yixuan si chiede perché. Perché solo a lui, tra tutti
gli immortali, è precluso vivere come chiunque? Quali nefandezze ha
commesso nella sua vita precedente per meritare quell’esistenza?
D’altronde, deve esserci un motivo se il sovrano di giada lo odia
al punto da preferirlo morto piuttosto che libero.
In un mondo
in continuo mutamento, a pochi anni dalla riunificazione del paese
sotto la dinastia Sui, i destini di un immortale e di un semplice
ragazzo tornano a unirsi dopo secoli di oblio, in una storia andata
perduta nello sconfinato universo ma destinata, forse, a scardinare
l’armonia stessa che lo governa.
«Perché
è questo che facciamo, Yixuan, non lo hai capito?» lo interruppe
Yue Lao, inclinando la testa di lato. «I mortali sono un semplice
passatempo, per noi. Lo sono sempre stati, nonostante le grandi
aspettative di Fuxia e Nuwa. Ciò che ignoravamo davvero era che il
cosmo li avesse previsti e avesse forgiato su di loro l’idea stessa
di armonia. Non esiste Yin e non esiste Yang senza di loro.
L'intervista
Io
ti seguo da tantissimo tempo, ma quando e come hai cominciato a
scrivere? Sei sempre stata sicura di voler diventare una scrittrice?
I tuoi familiari, amici ti hanno incoraggiata in questo?
R.
Il primo racconto di cui ho memoria è una storia scifi-horror
ispirata a un incubo. Avevo sette anni e i miei nonni avevano da
pochissimo regalato un computer a mia sorella per la sua comunione.
Sembra assurdo, ma ricordo perfettamente la posizione del pc, la
finestra davanti cui era stato messo e le pagine scritte una volta
stampate. Quel racconto poi è diventato un libro per ragazzi che
uscirà a novembre di quest’anno per Sinnos, pensa!
Ecco,
quello è stato il momento in cui ho avuto piena coscienza del fatto
che avrei potuto scrivere quello che avevo in testa, ma il mio sogno
era proprio un altro: volevo fare la detective. Avevo addirittura il
volantino di Tony Ponzi nel cassetto... una delle prime fangirl in
erba!
Devo
dire che in famiglia sono sempre stata assecondata su questa cosa,
anzi: mio padre si fece trenta chilometri in macchina, di nascosto,
appena seppe che il mio primo libro era uscito in libreria (parliamo
del lontanissimo 2008 e io lavoravo in aeroporto). C’è chi ha
provato a fermarmi, tra parenti e persone fin troppo vicine, ma ci
sono riusciti per poco. Molto poco.
Hai
delle abitudini particolari quando scrivi, ci sono dei luoghi in cui
ti senti più ispirata? Le tue storie (i tuoi libri) nascono meglio
quando scrivi in tranquillità o sotto stress?
R.
L’unica abitudine-mania che ho è quella di decidere il titolo
prima di iniziare qualsiasi storia. Il rito è: titolo, nome,
citazione entro le prime dieci pagine (anche se poi mi è accaduto di
cambiarla, come per l’ultimo romanzo) e prologo (anche se poi lo
modificherò/sostituirò in corso d’opera). È una sorta di
portafortuna, una sequenza di azioni di buon auspicio. Per il resto,
mi basta avere il pc e la mia tastiera (la stessa da anni. L’ho
anche ripristinata quando ho cambiato pc, perché non riuscivo
proprio a trovarmi bene con quella nuova).
La
scrittura deve essere un piacere, qualcosa che arricchisce me per
prima, quindi mi ci devo approcciare con tranquillità, serenità e
amore. È capitato in passato di viverla come un’imposizione e me
ne sono chiamata fuori, cambiando del tutto registro e…
reinventandomi C.K.Harp! Le scadenze possono esserci, ma ho tabelle
di marcia ben delineate, ideate per fare fronte anche a imprevisti e
ritardi, quindi non c’è alcuno stress. Mai. Anzi: prima di ogni
capitolo mi ritiro con la mia musica d’ispirazione e visualizzo
ogni azione prima di mettermi al pc.
Molti
scrittori affermano che i personaggi, a volte, sfuggono loro di mano
prendendo strade non tracciate dall'autore stesso. È capitato anche
a te con i vari soggetti che hai creato?
R.
Prima di essere una scrittrice sono una editor, quindi determinate
cose per me sono abbastanza impensabili. Questo tipo di discorso,
della trama che cambia, dei personaggi che fanno come vogliono, è
piuttosto ricorrente tra gli autori, ma non è una cosa che mi
appartiene. Partiamo dal presupposto che se non ho il personaggio ben
chiaro in testa e almeno il novanta percento della trama delineata,
io non scrivo; c’è da dire che non sono abituata alle scalette
scritte e ho un mio metodo particolare per approcciarmi al romanzo,
ma alcune cose sono imprescindibili. Sì, può capitare mi vengano
delle idee in corso d’opera e che provi a inserirle, ma sono più
le volte che torno sui miei passi perché non si incastrano bene con
la psicologia dei personaggi. Lasciare alla mente la padronanza del
flusso di idee durante la stesura è il primo buon passo per perdere
la trama e la struttura. Poi per carità, ogni scrittore ha il
proprio metodo, ma insomma… diciamo che no, questa cosa dei
personaggi che fanno come vogliono per me non esiste.
Il
tuo romanzo ha un'ambientazione fantasy originale, ben costruita,
nessun particolare è stato trascurato. Come ti è venuto in mente di
scrivere un libro così diverso dai tuoi soliti? E quanto è stato
importante il lavoro di documentazione per una cultura così lontana
dalla nostra?
R.
(Grazie). Wo Ai Ni nasce da una passione che mi ha letteralmente
cambiato la vita da tre anni a questa parte, ovvero lo studio della
cultura orientale, in particolar modo il mondo cinese. Ho visto
molti, tanti drama cinesi, coreani e giapponesi, immergendomi h24 in
quell’universo (non ho più visto film o serie tv occidentali, e
non scherzo), così come ho preso ad ascoltare prevalentemente musica
orientale. Mi sono iscritta alla facoltà di lingue e civiltà
orientale (anche se a causa della pandemia ho dovuto rinunciare) e ho
iniziato a studiare la storia di quelle terre con particolare
attenzione a quella cinese. Ecco come è nata l’idea: amando la
cultura orientale, intesa nel suo insieme, e studiandone ogni
aspetto. Oltretutto, parliamo di oltre 5000 anni di storia,
filosofia, concetti cosmologici, mitologici e religiosi, oltre che
una lingua del tutto diversa dalla nostra, quindi è una ricerca
infinita che non credo si esaurirà mai. Una cosa è certa: senza
studiare quel mondo a 360 gradi è impossibile anche solo pensare di
dare vita a una trama ambientata nell’antica Cina, così come
nell’antica penisola che oggi chiamiamo Corea o nell’antico
Giappone. E ciò che bisogna tenere presente è che oltre alla
filosofia e alla religione (dal confucianesimo al buddhismo, dal
qigong al daoismo) è necessario conoscere la storia di tutto quel
continente, perché ogni regione è collegata all’altra in una
contaminazione continua.
Qui
parliamo del tasto dolente per molti autori. Qual è il tuo rapporto
con le critiche negative?
R.
Le critiche negative fanno parte del gioco e per me più che tasto
dolente sono una cartina tornasole del modo in cui ho lavorato. La
mia responsabilità è quella di fornire al lettore l’esperienza
migliore di cui posso essere capace, quindi mio è il dovere di
presentare un lavoro pulito, privo di errori, amato e sudato, con una
trama che abbia un proprio senso e che io per prima ho adorato. Se ci
sono errori e vengono fatti notare il primo sentimento che provo è
quello della vergogna, poi arriva la frustrazione. Ho un leggerissimo
complesso di perfezione che mi porta all’ossessione, lo riconosco,
ed è a causa di questo che sto male io per prima: perché ho la
certezza che avrei potuto fare più attenzione, avrei potuto fare di
più. Detto questo, le storie possono piacere o non piacere, è una
questione anche di gusti personali e su quello non ci si può fare
proprio niente.
Progetti
per il futuro? Io aspetto ancora il terzo Cioccolatino e il secondo
di Fallen Boy...
R.
Sono una bruttissima e pessima persona, e lo riconosco. Specialmente
per quanto riguarda Dre. Il progetto c’è e il romanzo è scritto
per metà, ma come dicevo prima, la scrittura è e deve essere un
piacere, non solo per me, ma anche per il rispetto che nutro nei
confronti di chi aspetta le mie storie. Ciò significa che scrivere
per forza o a comando è possibile, ma non auspicabile: il lavoro
sarebbe mediocre. Dre è un personaggio particolare e, per quanto
ovviamente sappia bene come debba finire la sua storia, richiede un
certo tipo di status mentale che al momento mi manca. Non nego però
che ho pensato più volte, dall’inizio dell’anno, a rimettermi
sulla sua vita. Idem per The Fallen Boy, che è ancora più
particolare e forse per questo poco compreso.
Detto
ciò, ho buttato giù la trama completa del prossimo romanzo, sempre
uno xianxia ma ambientato nel 266 d.C. tra Cina e steppe, con una
leggera influenza persiana. Sì, probabilmente sarà un bagno di
sangue e lo studio ancora più importante, ma il cervello si è già
messo in moto e io ho ben poche opzioni in merito: quando la trama si
delinea, non riesco a pensare ad altro.
Le altre tappe sono già online e le trovate qui.