REGOLE:
-
Prendete un libro qualsiasi contenuto nella vostra libreria
-
Copiate le prime righe del libro (possono essere 10, 15, 20 righe)
-
Scrivete titolo e autore per chi fosse interessato
-
Aspettate i commenti
Buon
mercoledi, stamattina vi lascio l'inizo di un libro che aspetta da
molto di essere letto. In occasione della challenge La ruota delle Letture – Obiettivo Copertina ROSA, ho finalmente modo di
iniziarlo.
DOV'È
FINITA AUDREY di Sophie Kinsella
Oddio,
la mamma è impazzita.
Non
mamma-pazza normale. Proprio pazza per davvero.
Mamma-pazza
normale: la mamma dice “Proviamo tutti questa fantastica dieta
senza glutine che ho trovato sul ‘Daily Mail’!” e compra tre
filoni di pane senza glutine. È così disgustoso che ci viene da
vomitare. La famiglia inizia a scioperare, la mamma seppellisce il
suo sandwich in un’aiuola e la settimana dopo niente più dieta
senza glutine.
Questa
è la mamma-pazza normale. Ma stavolta è proprio pazza pazza.
È
affacciata alla finestra della sua camera da letto, che dà su
Rosewood Close, la strada in cui viviamo. No,affacciata sembra
troppo normale. La mamma non è per niente normale. Si sporge
tantissimo, tutta agitata, con uno sguardo folle. Ha in mano il
computer di mio fratello Frank. Lo tiene in equilibrio precario sul
davanzale. Da un momento all’altro potrebbe precipitare e andare in
mille pezzi. È un computer che costa 700 sterline.
Se
ne rende conto? 700 sterline. Non fa altro che ripeterci che noi
ignoriamo il valore dei soldi. Dice sempre cose tipo “Avete un’idea
di quanto ci vuole a guadagnare 10 sterline?” e “Stareste più
attenti a spegnere la luce se foste voi a pagare la bolletta!”.
Be’,
e guadagnare 700 sterline e poi buttarle apposta giù dalla finestra,
allora?
Sotto
di noi, sul prato, c’è Frank con la sua T-shirt di “Big Bang
Theory” che si agita, si prende la testa fra le mani, farfuglia in
preda al panico.
«Mamma.»
La sua voce è stridula dal terrore. «Mamma, è il mio computer.»
«Lo
so benissimo che è il tuo computer!» strilla isterica la mamma.
«Cosa credi?»
«Mamma,
per favore, possiamo parlarne?»
«Ho
provato a parlarne!» urla lei. «Ho provato a prenderti con le
buone, a discutere, a supplicarti, a ragionare, a darti dei soldi, le
ho provate tutte, Frank, TUTTE!»
«Ma
il computer mi serve!»
«Il
computer non ti serve a niente!» urla la mamma, con così tanta
furia che mi vengono i brividi.
«Mami
sta per buttare il computer!» dice Felix, arrivando di corsa
e guardando in su con entusiasmo incredulo. Felix è il nostro
fratellino. Ha quattro anni. Accoglie la maggior parte dei fatti
della vita con entusiasmo incredulo. Sta passando un camion! Ketchup!
Una patatina lunghissima! La mamma che butta un computer dalla
finestra è solo un altro dei miracoli quotidiani.
«Sì,
e il computer si romperà» dice Frank rabbiosamente. «E tu non
potrai mai più giocare a Star Wars, mai più!»
Felix,
sgomento, fa una smorfia e la mamma riparte con una nuova scarica di
rabbia.
«Frank!»
strilla. «Non tormentare tuo fratello!»
I
nostri dirimpettai, i signori McDuggans, escono di casa a guardare.
Ollie, loro figlio, dodici anni, addirittura urla «Nooo!» quando
vede quello che sta per fare la mamma.
«Signora
Turner!» Attraversa la strada di corsa, raggiunge Frank e guarda
verso l’alto con aria supplichevole.
Ogni
tanto Ollie gioca a Land of Conquerors online con Frank, se
Frank ha voglia di essere gentile e non ha nessun altro con cui
giocare. Adesso Ollie sembra ancora più sconvolto di lui.
«Per
favore non distrugga il computer, signora Turner» dice, tremante.
«C’è il back-up di tutti i commenti al gioco di Frank. Sono così
divertenti.» Si volta verso Frank. «Sono divertentissimi.»
«Grazie»
borbotta Frank.
«Tua
mamma sembra proprio…» Ollie sbatte le palpebre, nervoso. «Sembra
una Divinità Guerriera di Settimo Livello.»
«Cosa
sarei?» chiede la mamma.
«È
un complimento» ribatte Frank, alzando gli occhi al cielo.
«Se giocassi, lo sapresti. Ottavo livello» precisa a Ollie.
«Giusto.»
Ollie si corregge in fretta. «Ottavo.»
«Non
siete neanche in grado di parlare correttamente!» attacca la mamma.
«La vita reale non è una serie di livelli!»
«Mamma,
per favore» interviene Frank. «Faccio tutto quello che vuoi. Carico
la lavastoviglie. Telefono alla nonna tutte le sere. Andrò a…» si
guarda intorno, disperato. «Andrò a leggere per i sordi.»
Leggere
per i sordi? Ma si rende conto di quello che dice?
«I
sordi?» La mamma esplode. «I sordi? A me non interessa che
tu vada a leggere per i sordi! Sei tu il maledetto sordo qui dentro!
Non senti quando ti parlo, hai sempre quelle dannate cuffie in…»
«Anne!»
Alzo
gli occhi e vedo il papà buttarsi nella mischia, e vedo anche un
paio di vicini uscire sulla porta di casa. È diventato ufficialmente
un Caso di Quartiere.
«Anne!»
la chiama di nuovo il papà.
«Lasciami
sistemare questa cosa, Chris» dice la mamma in tono di avvertimento,
e vedo benissimo che il papà deglutisce. Mio padre è alto, bello,
un po’ tipo quelli che fanno le pubblicità delle auto, e ha l’aria
di quello che comanda, ma dentro non è davvero un maschio alfa.
No,
sembra brutto detto così. Immagino che sotto molti aspetti sia alfa.
Solo che la mamma è ancora più alfa. È forte e prepotente e
carina e prepotente.
Ho
detto prepotente due volte, vero?
Bene.
Tirate voi le conclusioni.
«Lo
so che sei arrabbiata, tesoro» cerca di blandirla il papà «ma non
è una soluzione un po’ estrema?»
«Estrema?
È lui che è estremo! È schiavo di questa roba, Chris!»
«Non
sono schiavo!» strilla Frank.
«Sto
solo dicendo…»
«Cosa?»
Finalmente la mamma si gira a guardare il papà. «Cosa stai
dicendo?»
«Se
lo butti lì, finirà sull’auto.» Il papà rabbrividisce. «Non
potresti spostarti un pochino a sinistra?»
«Non
me ne importa niente della macchina! Lo faccio per il suo bene!» La
mamma inclina ancora più pericolosamente il computer sul davanzale e
tutti tratteniamo il fiato, compresi i vicini.
«Per
il mio bene?» urla Frank rivolto alla mamma. «Se tu mi
volessi bene non mi distruggeresti il computer!»
«E
se tu volessi bene a me, Frank, non ti alzeresti di nascosto alle due
di notte per giocare online con dei tizi in Corea!»
«Ti
alzi alle due di notte?» chiede Ollie con gli occhi sbarrati.
«Allenamento.»
Frank alza le spalle. «Mi allenavo» ripete alla mamma con una certa
enfasi. «Tra poco c’è il torneo. Dici sempre che devo avere uno
scopo nella vita! Be’, ce l’ho!»
«Giocare
a Land of Conquerors non è uno scopo! Oddio, oddio…»
Sbatte ripetutamente la testa contro il computer. «Dove ho
sbagliato?»
«Oh,
Audrey» dice all’improvviso Ollie, vedendomi. «Come va?»
Mi
ritraggo spaventata dalla mia postazione alla finestra di camera mia.
Non volevo farmi vedere, e meno che mai da Ollie, che di sicuro ha
una cottarella per me, anche se ha due anni di meno e non mi arriva
neanche al collo.
«Guardate,
c’è la diva!» fa lo spiritoso Rob, il papà di Ollie. Sono
quattro settimane che mi chiama “la diva”, anche se il papà e la
mamma sono andati separatamente a chiedergli di piantarla. Lui pensa
che sia divertente e che i miei genitori non abbiano senso
dell’umorismo. (Ho notato spesso che per molta gente “avere senso
dell’umorismo” equivale a “essere un imbecille insensibile”.)
Questa
volta però credo che i miei non abbiano neanche sentito la
fantastica battuta di Rob. La mamma sta ancora piagnucolando “Dove
ho sbagliatoooo?” e il papà la scruta con una buona dose di ansia.
«Non
hai sbagliato!» grida. «Niente, non hai sbagliato niente! Tesoro,
vieni a bere qualcosa. Metti giù quel computer… per adesso»
aggiunge in fretta, vedendo la faccia che fa la mamma. «Lo puoi
buttare dalla finestra più tardi.»
La
mamma non si muove di un millimetro. Il computer ondeggia sempre più
pericolosamente e il papà freme. «Amore, è solo per la macchina…
abbiamo appena finito di pagarla…» si sposta verso l’auto
allargando le braccia, come per proteggerla da una grandinata di
hardware.
«Prenda
una coperta!» dice Ollie, entrando in azione. «Salvi il computer!
Ci vuole una coperta. Faremo un cerchio…»
La
mamma non lo sente neanche.
«Ti
ho allattato!» strilla a Frank. «Ti ho letto Winnie the Pooh!
Volevo soltanto un figlio come si deve a cui interessassero i libri e
l’arte e la natura e i musei e magari uno sport agonistico…»
«LOC
è uno sport agonistico!» grida Frank. «Tu non lo conosci
proprio! È una cosa seria! Il premio del torneo internazionale di
LOC a Toronto è di 6 milioni di dollari!»
«Sì,
ce l’hai detto!» sbotta la mamma. «E allora di’ un po’, pensi
di vincere? Di guadagnare una fortuna?»
«Forse.»
Mio fratello le rivolge uno sguardo cupo. «Se riesco ad allenarmi
abbastanza.»
«Frank,
smettila di sognare!» La sua voce riecheggia in tutta la strada,
acuta, quasi inquietante. «Tu non sarai ammesso al torneo di LOC,
non vincerai quei dannati 6 milioni e non ti guadagnerai da vivere
con i videogames! NON SUCCEDERÀ NIENTE DI TUTTO QUESTO!»