giovedì 12 ottobre 2017

Chi ben comincia #20

REGOLE:
- Prendete un libro qualsiasi contenuto nella vostra libreria
- Copiate le prime righe del libro (possono essere 10, 15, 20 righe)
- Scrivete titolo e autore per chi fosse interessato
- Aspettate i commenti






Buon giorno lettori, dopo un po' di tempo ritorna l'apputamento con una rubrica (ideata dal blog Il profumo dei libri) in cui vi lascio l'incipit del prossimo libro che leggerò. L'autrice mi è piaciuta molto con la sua precedente serie … e sono voglio davvero conoscere altri personaggi da lei creati.








Hero di Samantha Young



CAPITOLO 1

Boston, Massachusetts
Non era possibile.
Non stava succedendo davvero.
Strinsi le mani a pugno per farle smettere di tremare e percorsi il corridoio fino a raggiungere la parte open space dell’attico. Aveva soffitti alti come quelli di una cattedrale e una parete completamente occupata da finestre che davano su un terrazzo enorme. Giù al porto l’acqua luccicava sotto i raggi del sole. Era un bel palazzo in uno scenario stupendo, ma io non potevo godermi la vista, impegnata com’ero a cercare lui.
Il cuore smise di battere quando lo vidi fuori in terrazzo.
Caine Carraway.
«Alexa!».
Mi voltai di scatto verso la zona cucina, dove il mio capo, Benito, era circondato da due laptop e altri strumenti per lo shooting fotografico. Quello doveva essere il momento in cui salutavo sorridendo e gli chiedevo di spiegarmi cosa dovessi fare.
E invece mi voltai di nuovo verso Caine.
Il succo d’arancia bevuto quella mattina mi gorgogliava in modo spiacevole nello stomaco.
«Alexa!».
Improvvisamente mi ritrovai Benito davanti, cupo in volto, che mi fissava.
«Ciao», dissi con una voce piatta. «Dove mi vuoi?».
Piegò la testa di lato, guardandomi in un modo quasi comico. Io alta un metro e ottanta, lui dieci centimetri di meno. Ma compensava decisamente bene quel che gli mancava in altezza con la personalità. «Per favore», fece elargendomi un sospiro lungo e sofferente, «dimmi che sei di nuovo la mia Alexa. La donna del disastro della festa della mamma non riesco a gestirla. Oggi devo fotografare Caine Carraway per “Mogul”, nella rubrica sui migliori quarantenni che si sono fatti da soli. Caine ci farà l’onore di essere in copertina». Lanciò un’occhiata al modello. «Una scelta scontata». Tornò a guardarmi con un sopracciglio alzato. «Quello di oggi è uno shooting importante. In caso non lo sapessi, Caine Carraway è uno degli scapoli più appetibili di Boston. È l’amministratore delegato della Carraway…».
«Financial Holdings», dissi piano. «Lo so».
«Bene. Saprai anche che è schifosamente ricco e incredibilmente influente. È anche un uomo molto impegnato e difficile da accontentare, perciò questo servizio va fatto bene e presto».
Spostai l’attenzione da Benito all’uomo che aveva fondato una banca di successo subito dopo essere uscito dal college. Partendo da lì aveva poi espanso la compagnia, costruendo un portafoglio di affari diversificati, passando dai servizi bancari per le imprese a mutui immobiliari, compagnie di assicurazione, fondi di investimento, compravendita titoli di borsa, gestioni patrimoniali e via dicendo. Adesso era l’amministratore delegato di un’azienda che aveva nel suo consiglio una schiera di imprenditori ricchi e potenti.
Secondo i giornali Caine era riuscito in tutto questo grazie a una determinazione di ferro, una cura meticolosa dell’organizzazione e una grande ambizione per il potere.
In quel momento stava parlando al telefono, mentre Marie, consulente per l’immagine, gli lisciava le pieghe dell’abito di sartoria. La stoffa blu confezionata su misura gli stava a pennello. Caine era alto, uno e novanta, forse anche di più, con le spalle larghe e in perfetta forma fisica. Aveva un profilo deciso, gli zigomi prominenti e il naso aquilino, e i capelli, da cui adesso scacciava continuamente la mano di Marie spazientito, erano folti e scuri come i miei. Anche se in quel momento aveva le labbra serrate, sapevo dalle fotografie che possedeva anche una bocca sensuale e imbronciata.
Era decisamente materiale da copertina.
E altrettanto decisamente uno a cui non dovevi pestare i piedi.
Mandai giù il groppo che mi si era formato in gola.
Che ironia che dovessi ritrovarmelo davanti, dopo tutte le brutture che la morte recente e improvvisa di mia madre aveva portato in superficie… essendo lui parte di quelle brutture.




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