Afghani,
americani, uomini, donne, bambini... non fa differenza, perché il
terrore suona sempre allo stesso modo nel buio, poco importa da quali
polmoni venga strappato via.
Traduzione
di: Raffaella Patriarca
Progetto grafico: Hang Le
Genere: Contemporary Romance; Military fiction
Progetto grafico: Hang Le
Genere: Contemporary Romance; Military fiction
Jake
Tucker è un uomo a pezzi. A ventidue anni, ingenuo e inquieto, si è
arruolato in Marina. Nove anni e quattro missioni dopo, Jake ritorna
sul suolo americano, anche se la sua mente è rimasta saldamente
radicata nelle sabbie dell’Afghanistan, insieme agli uomini che non
ce l’hanno fatta.
Ferito,
annientato e gettato via dalla guerra, Jake ha come compagnia solo il
suo cane, Nuke, una sindrome da stress post-traumatico e il senso di
colpa del sopravvissuto. Per nove anni non è passato istante senza
che non si sia chiesto quando per lui sarebbe stato l’ultimo
giorno, ma c’è ben poco conforto nel fatto che sia ancora vivo,
quando nessuno del suo plotone lo è più.
Ellie
Mason non ha tempo per gli uomini spezzati dalla vita. È troppo
impegnata a cercare di portare del cibo in tavola. E fare fronte alle
esigenze di Spencer, suo figlio, affetto da autismo, talvolta è come
combattere dietro le linee nemiche. Come se destreggiarsi nei campi
minati dell’essere una madre single non fosse sufficiente, Ellie si
sente attratta da quel tranquillo Marine, solitario quanto lei. Ma ha
già amato uomini traumatizzati, e ne è uscita straziata.
Ambientato
nel pittoresco scenario di Fairhope, Alabama, Ellie e Jake si
ritrovano coinvolti nel frastuono del caos.
L’amore
è guerra. Solo il più forte sopravvive, e la resa è inevitabile.
È
così che funziono. Ecco perché mi riesce così difficile
comportarmi come un normale adulto, perché una metà di me sarà
sempre in una zona di guerra, lo sguardo che scruta il pericolo, alla
ricerca di un modo per rendermi utile e combattere, e nessuna
quantità di farmaci o massime zen del mio strizzacervelli riuscirà
a cambiare questa realtà. Sono sempre in lotta con il mio cervello
ed è lui a vincere, perché come fai a combattere una battaglia che
si svolge solo nella tua testa? Come fai a disfare tutto quello che
hai fatto? Come fai a dimenticare le urla e i volti dei tuoi
commilitoni, mentre nei loro occhi si spegne la luce?
Mio
figlio non ha un problema comportamentale e non fa i capricci;
funziona semplicemente in un modo diverso dal nostro. Loro non
capiscono che i tacos sono in assoluto l’elemento più importante
dei Taco Martedì, e che non possiamo fare a meno dei fagioli
rifritti solo perché la mamma, domenica dopo la funzione in chiesa,
si è dimenticata di comprarli al mercato, o che di martedì lui
indossa la sua maglietta Taco-sauro Rex, che adesso non può mettere
perché sporca di sangue. Loro non sanno che puoi fissarlo negli
occhi due secondi, ma non tre, perché tre è un numero che non gli
piace. Tre secondi lo mettono talmente a disagio che lui non conosce
altro modo per esprimerlo se non irrigidirsi del tutto e gridare a
squarciagola o buttarsi a faccia in giù sul pavimento del
supermercato perché non vuole che nessuno lo fissi negli occhi per
più di due secondi.
Nessun commento:
Posta un commento