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domenica 18 febbraio 2018

Recensione #7 L'uomo autentico di Don Robertson by Antonia



Autore: Don Robertson
Titolo: L'uomo autentico
Editore: Nutrimenti
Data di pubblicazione: 27 ottobre 2016
Pagine: 298
Trama:
Houston in Texas. “Herman Marshall guardava di traverso la pioggia.” E’ il personaggio principale. Ha settantaquattro anni. La moglie, Edna, giace sul letto d’ottone. Sta per morire. Il figlio Billy è già morto. A diciassette anni di meningite spinale. Arrivano i ricordi, a ondate, con un continuo ritorno al punto di partenza. Lì, in quella stanza. Fratello minore maltrattato dagli altri tre, prima base in una squadra di quasi professionisti, ottimo giocatore di scacchi, autista di camion, uccisore di nazi in guerra. Una vita in giro a bere e farsi ragazze, cameriere, puttane, mogli di pastori. E ora è davanti alla sua Edna ad ascoltare la “rivelazione”. Billy non è suo figlio ma di un suo amico, Romero, il messicano.
E ancora il tempo passato che si affaccia, spinge e non da tregua, frasi in corsivo, dirette, che sfrecciano nella memoria: la sofferenza del figlio, gli amici, i vecchi che si intrattengono al Top of the World con la birra che scende a fiumi, le loro stupide barzellette, le pisciate continue al bagno, qualche figura particolare tra gli ubriaconi che si lascia dietro una scia di morti, comprese le tre mogli, i quattro figli e i sei nipoti. E poi Edna, il suo incontro, l’innamoramento, la passione, la terribile verità, la voglia della moglie di farla finita. Che sia lui toglierla di mezzo…
E via, di nuovo Herman a correre indietro negli anni con il suo eroe Tom Mix di cui ha visto tutti i suoi film. Tom Mix che uccide tutti quegli sporchi farabutti e fuorilegge e avrebbe fatto qualunque cosa per essere come lui; i pensieri e le domande su Dio, sull’inferno e il paradiso, gli applausi di quando giocava a scacchi, il momento in cui Edna si concesse a lui per la prima volta, il matrimonio, la guerra, l’uccisione dei soldati nemici, l’amicizia con il messicano Romero…
[In un'intervista del 2015 al New York Times, alla domanda su chi fosse il suo scrittore preferito di tutti i tempi, Stephen King ha risposto: Don Robertson. Alcuni anni prima, aveva ospitato nel catalogo della sua casa editrice questo libro crudo e scioccante, l'inclemente testamento di un autore dal percorso irregolare, celebrato e poi trascurato, difficile da classificare, se non rifugiandosi nella definizione che ne ha dato lo stesso King nella sua introduzione al romanzo: "Uno dei più grandi scrittori meno conosciuti degli Stati Uniti".]




Don Robertson è un autore sconosciuto e mai pubblicato in Italia.
Finalmente lo ha scoperto la Nutrimenti Edizioni la quale ha, di recente, pubblicato L'ultima stagione e in futuro sono previsti altri suoi scritti. Ne sono lieta perché questo autore merita davvero molto.
Questo è un libro potente. E' un romanzo dal linguaggio crudo e dai toni forti. Una storia, ambientata nella città di Houston, dove viene descritta l'America della gente semplice, dei camionisti dalla voce grezza, dall'accento sudista, dei dimenticati. Don Robertson ci accompagna lungo la vita del protagonista Herman Marshall, dalla sua infanzia in campagna, alle sofferenze del figlio Billy, all'agonia della moglie Edna, malata di cancro, passando attraverso migliaia di miglia percorse lungo le autostrade americane come camionista e gli anni della seconda guerra mondiale, combattuta in Europa, finché qualcosa nella testa di Herman fa click.
Ed è un finale che esplode all'improvviso, inaspettato e in modo anche abbastanza insensato.
Particolare la scelta di menzionare non Herman e non Marshall, ma sempre, ogni volta, Herman Marshall. Nome e cognome. Martellante.

E' un romanzo molto lento. Ma secondo me è una scelta voluta, come per dare una "rincorsa" al questo finale devastante.


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