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Buon
mercoledì, per la rubrica ideata dal blog Il
profumo dei libri, stamattina
voglio incuriosirvi con l'incipit di un libro che prevedo di leggere
al più presto.
Puzzle
di cuori di Ledra
Atroce.
Era
stata una giornata lunga, infinita… proprio atroce. Non sapeva che
altro aggettivo trovare per definire il dolore sordo e pulsante che
le divorava il cuore. Samantha si passò una mano sul viso, non aveva
ancora versato una lacrima e non stava seguendo nessuno dei consigli
che lei elargiva con convinzione alle sue pazienti. Non urlava, non
piangeva, non rompeva vasi e non muoveva un muscolo. Non era neppure
in grado di dire da quanto tempo fosse lì a fissare il suo
bellissimo abito da sposa. Lungo, a sirena, con scollatura a cuore,
tempestato di perline e brillantini. Aveva deciso il modello dopo
essersi innamorata di uno simile guardando la trasmissione Cercasi
abito da sposa. Il cellulare suonò. Un’altra volta. La
suoneria di Pocahontas l’avvertì che era di nuovo Rossella.
Non voleva risponderle, non voleva parlare con nessuno. Si mise a
letto vestita, si tirò le coperte sopra la testa e cercò di
dormire: erano le sedici e nulla andava bene.
Il
campanello suonò incessantemente insieme al cellulare. Samantha si
riscosse, strinse gli occhi e guardò la sveglia: le nove. Si sentiva
pesta e dolorante, un mal di testa fortissimo le trapanava
ininterrottamente nel cervello e la forza vitale l’aveva
abbandonata. Mise i piedi per terra e si rese conto di essere ancora
vestita, tutta stazzonata ma completamente vestita con addirittura le
calze. Oltre al campanello e al telefono, si erano aggiunti dei colpi
alla porta.
«Samantha,
aprimi! Aprimi, cazzo! Aprimi! So che sei lì!» sentì urlare
l’amica.
Sospirò,
doveva immaginare che Rossella, da vero ariete, non avrebbe mollato
mai il suo obiettivo che in quel momento era lei.
Con
flemma, si diresse alla porta e, con uno scatto furioso, l’aprì
con ferocia mentre Rossella sollevava il pugno per bussare. Un
cazzotto micidiale la stese al tappeto e, guardando l’amica che la
squadrava terrorizzata, con una mano sulla bocca e il cellulare
nell’altra, cominciò a versare tutte le lacrime che, fino a quel
momento, non si era permessa di far sgorgare.
«Porca
miseria, perché non mi hai urlato che stavi per venire ad aprirmi?»
si mise a inveire Rossella mentre cercava di alzarla. Samantha non
desiderava muoversi, ora che le lacrime scendevano voleva solo
singhiozzare per l’eternità. «Avanti, dai alzati, muoviti, che mi
fai stare male. Dai, muoviti!». Rossella la prese da dietro e
cominciò a tirarla su mentre lei voleva solo distendersi sul
pavimento. Ma l’amica, come un cane che non mollava l’osso,
riuscì a metterla sul divano e a trovare, nella sua borsa da Mary
Poppins, un fazzoletto di Titti. «Avanti, soffiati il naso» la
incitò un po’ brusca, poi si precipitò ad aprire il freezer e ne
estrasse l’unica bistecca di pollo che Samantha aveva già
destinato per la cena, l’avvolse in uno strofinaccio e gliela
spiaccicò in faccia senza tante cerimonie.
«Ahi,
mi fai male!» urlò lei.
«È
anche poco, vista tutta l’ansia che mi hai fatto venire» le
ribatté furiosa Rossella. «Che cazzo ti è successo? Stavo per
chiamare Chi l’ha visto. Non dovevamo andare a prendere le
bomboniere ieri? Sei sparita, non mi hai chiamata, non mi hai
messaggiato per dirmi “ehi scema non aspettarmi due ore in piedi
fuori da un negozio in cui non entrerai mai perché non hai neppure
l’illusione di un uomo che ti sposi”. Allora, che scusa hai?
Guarda che se non ne hai una valida, giuro che anche se siamo amiche
da ventiquattro anni, io ti mollo!» continuò imperterrita. Fece per
riprendere la tiritera ma si fermò. Evidentemente la sua faccia
sconvolta, i vestiti sgualciti e le lacrime ininterrotte l’avevano
gettata nel panico. «Cara, mi dici cosa è successo?» le chiese
l’amica chiaramente allarmata.
«Gianpietro
mi ha lasciata» le rispose Samantha guardandola negli occhi e
ricominciando a piangere disperata.
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